Il Buddismo assunse in Giappone un'elevata importanza nell'arco di poco tempo, proprio perché già in India questa religione
non solo esprimeva interessi meramente di casta, ma anche perché i sacerdoti, veri e propri mediatori tra uomini e divinità,
avevano esaltato l'atto della mediazione attraverso il rito, come atto assoluto, facendo dipendere la salvezza dell'anima da
un ritualismo molto formale e talvolta assai complicato.
L'ordine buddista prevedeva l'esistenza di laici e di monaci come due caste ben distinte fra sè, ma accomunate dalla fede in Budda.
I laici erano assoggettati all'osservanza di cinque fondamentali comandamenti:
- Non nuocere a nessuna creatura vivente
- Non rubare
- Non fornicare
- Non mentire
- Non bere bevande inebrianti
A questo doveva aggiungersi l'obbligo di provvedere al sostentamento dei monaci. Se la loro condotta fosse stata conforme a tali comandamenti,
avrebbero potuto raggiungere lo stato di "Nirvana".
L'entrata nell'ordine monastico era preclusa ai soldati ed a tutti coloro che svolgevano una qualsiasi attività per conto del re, nonché a chi
non avesse la completa disponibilità delle proprie azioni: come i minori di 15 anni, i servi, i debitori, i criminali, ecc.
I monaci, che non ricevevano nessuna speciale investitura, erano sottoposti ad obblighi più rigidi rispetto a quelli dei laici:
- castità
- divieto di fornicazione
- assoluta povertà
- adorazione del genere umano
- proibizione di ricevere denaro o altri doni
- obbligo di avere la testa rasata
- obbligo di non portare barba e baffi
- obbligo di indossare sempre una tunica di colore giallo-arancione
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