Anche noto con il nome d'arte Beat Takeshi è una figura iconica nel panorama culturale giapponese.
Kitano è nato il 18 gennaio 1947 a Tokyo è un uomo dotato di molteplici talenti. E' un comico, un attore, uno scrittore, un pittore ed ovviamente anche un regista.
La sua carriera nel cinema ha lasciato un segno profondo, quasi indelebile nel mondo del cinema, rendendolo amato e rispettato da tutti i cineasti contemporanei.
Gli Inizi e la Carriera Televisiva
La sua carriera non è cominciata come regista cinematografico, ma come comico televisivo. Negli anni '70 ed '80, ha raggiunto
una grande popolarità in Giappone grazie al duo comico Two Beat, composto con Kiyoshi Kaneko.
Il suo umorismo tagliente e sopra le righe lo ha trasformato in una figura molto amata dal pubblico televisivo,
facendolo diventare per molti giapponesi come una persona di famiglia.
Uno degli show più iconici creati dalla sua mente geniale è stato Fūun! Takeshi Jō" (風雲!たけし城), conosciuto
in Italia e nel mondo con il nome di Takashi's Castle.
Una sfida fisica per 100 partecipanti che devono superare un percorso ad ostacoli evitando di essere abbattuti durante
le varie gare da alcuni disturbatori, per conquistare il castello di Takeshi.
Questo programma è una delle cose più divertenti della mia infanzia e spesso viene riproposto in tv con i commenti della
Gialappa's band in una versione chiamata Mai dire Banzai.
Il Debutto alla Regia
Il suo debutto alla regia è avvenuto quasi per caso, quando nel 1989 è stato chiamato all'ultimo momento per sostituire
il regista Kinji Fukasaku nelle riprese del film Violent Cop. Per l'occasione Kitano decise di interpretare il ruolo del
protagonista e di riscrivere la sceneggiatura per donargli quel suo stile che sarebbe diventato unico.
Il film poliziesco, molto crudo e diretto, segna l'inizio della sua carriera come regista e stabilisce subito lo stile distintivo del suo cinema.
Una perfetta combinazione di violenza, umorismo nero ed una profonda ricerca dei lati più oscuri della natura umana.
La poetica del silenzio e l'umanità nella violenza
Il cinema di Kitano è noto per uno stile stile minimalista e contemplativo. Le sue opere spesso si basano su temi come la
solitudine, la morte, la ricerca della redenzione e l'importanza quasi spasmodica dell'onore.
Nei suoi film come Sonatine del 1993 ed Hana-bi del 1997 ed in Zatoichi girato nel 2003
si evince la sua capacità di mescolare la bellezza visiva con i momenti di pura ed intensa violenza.
Con il film Hana-bi, questa sua linea di regia è così presente da avergli fatto ottenere il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia,
consacrandolo definitivamente come regista, a livello internazionale.
Uno degli aspetti più affascinanti del suo cinema è la sua capacità di trovare umanità e poesia anche nelle situazioni brutali.
I suoi personaggi, spesso gangster o poliziotti, sono rappresentati con una profondità psicologica che va oltre la semplice figura stereotipata.
Kitano esplora la fragilità dell'individuo, evidenzia i dubbi e le speranze di ogni personaggio, rendendolo una figura complessa e drammatica.
Un Artista Poliedrico
Oltre alla regia cinematografica, la valenza artistica di Kitano è quasi totale. Ha scritto molti romanzi ed alcuni saggi, ha dipinto
opere interessanti dal punto di vista artistico ed ha lavorato con ottimi risultati anche come montatore dei suoi film.
Il suo essere così versatile gli permette di passare da un genere all'altro con estrema facilità.
Dopo aver diretto film drammatici e violenti è riuscito infatti anche a reinventarsi con opere più leggere e profonde, quasi sperimentali
come Kikujiro, girato nel 1999, una delicata storia di amicizia tra un uomo ed un bambino che resta al momento uno dei miei film
preferiti della sua carriera.
L'Influenza del suo cinema
L'influenza di Kitano sul cinema giapponese e su quello internazionale è innegabile. Il suo stile unico ha ispirato
molti registi e il suo approccio alla narrazione visiva ha aperto nuove strade nel cinema contemporaneo.
Tuttavia il regista ed artista è sempre rimasto una persona umile grazie al suo sviluppato senso di autoironia che
ha permesso di mettere spesso in discussione il suo lavoro, permettendogli poi una costante evoluzione.
Le suo opere non sono semplice regia, ma narrazioni profonde sulla condizione umana che spazia dalla
poesia interiore alla violenza provocatoria ed improvvisa, dipingendo figure incredibilmente vere.